IL PRETORE Sciogliendo la riserva che precede; O S S E R V A L'art. 47 secondo comma del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, prevedeva che per le controversie in materia di trattamenti pensionistici l'azione giudiziaria potesse essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di dieci anni dalla data di comunicazione della decisione definitiva del ricorso o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della decisione medesima. L'art. 4 del d.l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito con la legge 14 novembre 1992, n. 438, ha sostituito la predetta norma, disponendo che per le controversie in materia di trattamenti pensionistici l'azione giudiziaria possa essere proposta, a pena decadenza, nel piu' ristretto termine di tre anni dalla data di comunicazione della decisione del ricorso o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della predetta decisione. E' verosimile che, in molti casi, dalla data di comunicazione della decisione amministrativa possa essere gia' decorso termine superiore a tre anni, ma inferiore a dieci anni, prima dell'entrata in vigore del d.l. n. 384/1992. E' incontestabile che, in questi casi, ai sensi dell'art. 4, primo comma del d.l. n. 384/1992, la successiva ed eventuale azione giudiziaria dovrebbe ritenersi improponibile per decorso del termine triennale di decadenza. Deve, tuttavia, rilevarsi che, a norma dell'art. 4, terzo comma del d.l. n. 384/1992, "le disposizioni di cui al primo e secondo comma, non si applicano ai procedimenti instaurati anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto ancora in corso alla medesima data". Per comprendere appieno la suindicata norma e per poter correttamente stabilire se con il termine "procedimenti" il legislatore abbia inteso riferirsi ai procedimenti amministrativi o ai procedimenti giudiziari o agli uni e agli altri, e' bene sottolineare, innanzi tutto, che il secondo comma dell'art. 4 del d.l. n. 384/1992 ha abrogato l'art. 152 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile ovvero una disposizione relativa al procedimento giudiziario e non anche a quello amministrativo. Il riferimento ai "procedimenti instaurati anteriormente all'entrata in vigore del decreto legge", senza che vi sia stata distinzione tra le disposizioni di cui al primo e al secondo comma dell'art. 4, porta a ritenere che il legislatore abbia voluto riferirsi ai soli procedimenti giudiziari, visto che le disposizioni di cui al secondo comma attengono soltanto al procedimento giudiziario. La necessita' che i procedimenti siano "ancora in corso" alla data di entrata in vigore del decreto legge n. 384/1992, perche' possano ritenersi inapplicabili le disposizioni di cui al primo e secondo comma dell'art. 4, rafforza il convincimento che si sia inteso far riferimento ai soli procedimenti giudiziari, in quanto la non definitivita' di un procedimento amministrativo rileva ai fini della procedibilita', ma non anche della proponibilita', dell'azione giudiziaria, mentre la proponibilita' di un'azione giudiziaria, di cui trattasi, presuppone e da' per avvenuto l'esaurimento del procedimento amministrativo. La suestesa interpretazione dell'art. 4, terzo comma, del d.l. n. 384/1992, convertito nella legge n. 438/1992, comportera', quindi, una declaratoria di improponibilita' della domanda, ai sensi del primo comma dello stesso art. 4, se il ricorso giudiziario dovesse essere stato depositato in cancelleria dopo l'entrata in vigore del d.l. e dopo il ricorso del termine di tre anni dalla data di comunicazione della decisione amministrativa in prima istanza o dalla formazione del provvedimento amministrativo di silenzio-rifiuto. Siffatta conclusione porta, ad avviso di questo pretore, ad una irragionevole e ingiustificata discriminazione tra soggetti che prima dell'entrata in vigore del d.l. n. 384/1992 abbiano iniziato l'azione giudiziaria e soggetti che alla stessa data non abbiano iniziato l'azione giudiziaria, sebbene per gli uni e gli altri la normativa precedente avesse riconosciuto la facolta' di poter adire il giudice nel termine di dieci anni dalla decisione amministrativa. L'art. 4, terzo comma, del d.l. n. 384/1992 sembra, quindi, confliggere con l'art. 3 della Costituzione nella parte in cui non prevede la disapplicazione della disposizione di cui al primo comma, dello stesso articolo per i procedimenti (giudiziari) che siano instaurati nel termine di tre anni dalla data di entrata in vigore del decreto medesimo o in un termine piu' breve da fissarsi a cura del legislatore, qualora l'azione giudiziaria non debba ritenersi improponibile ai sensi dell'art. 47 del d.P.R. n. 639/1970. L'art. 4, primo comma del d.l. n. 384/1992, in combinato disposto con il terzo comma dello stesso articolo, convertito con la legge n. 438/1992, appare, altresi', in contrasto con l'art. 113 della Costituzione perche' la previsione ex abrupto di un diverso termine di decadenza per l'esercizio dell'azione giudiziaria impedisce di fatto la tutela giurisdizionale di un diritto, non essendo stato legislativamente previsto transitoriamente tra una disciplina e l'altra alcun termine per la proposizione dell'azione giudiziaria, quando dovesse essere gia' decorso quello triennale dalla decisione amministrativa. L'art. 4, primo comma, del d.l. n. 384/1992 in combinato disposto con il terzo comma dello stesso articolo, convertito con la legge n. 438/1992, risulta confliggere anche con l'art. 38 della Costituzione, in quanto l'esercizio di un diritto ad una prestazione previdenziale non puo' essere pregiudicato da norme di legge di immediata applicazione, quando l'interessato abbia prestato legittimo affidamento su disposizioni normative di diverso contenuto. Le suddette questioni di illeggittimita' costituzionale risultano rilevanti nel presente giudizio, in quanto il ricorso giudiziario e' stato depositato in cancelleria in data 11 novembre 1992 dopo l'entrata in vigore del d.l. n. 384/1992 e dopo il decorso del termine triennale, ma non decennale, dalla decisione amministrativa, di cui e' contestata la legittimita'.